Ho appena
finito di rileggere Scarpe italiane un romanzo di Henning Mankell (scrittore e
giornalista svedese.) mi piacerebbe che lo leggeste anche voi per farvi capire
che c’è un tipo di solitudine che è solamente nordica: sarebbe questa la vostra
prima riflessione, dopo aver terminato la lettura di "Scarpe italiane." Perché
vi sembrerà impossibile identificare la solitudine assoluta, quella del corpo e
dell’anima, con il blu del cielo e del mare del Mediterraneo, con il calore del
sole. Mentre il bianco di ghiaccio e neve a perdita d’occhio, il gelo che
stringe il cuore in una morsa, sono l’assenza di colore di chi vive da solo e
la mancanza di palpiti di chi non ha affetti.. Come è per il protagonista di questo romanzo dell’età matura
di Mankell, un uomo di sessantasei anni che una volta era un chirurgo e adesso
vive nella casa dei nonni, in un’isola di un arcipelago al largo di Stoccolma.
Assolutamente solo, con un vecchio cane, un gatto e un formicaio, la sua
solitudine interrotta dalle visite del postino che arriva a giorni fissi in
hydrocopter.
Ogni mattina lui fa un buco nel ghiaccio e si immerge
nell’acqua gelida. Per sentirsi vivo.
Per punirsi, forse. Perché Fredrik Welin accenna ripetutamente al fatto di aver
interrotto la carriera tredici anni prima, senza dircene il motivo fino a quasi
metà libro, ma possiamo anche immaginarlo. Un giorno sul ghiaccio appare una
figura - e questa è una scena così incisiva, così densa di significato, da
sembrare quella di un film in bianco e nero, magari un film di Bergman (che,
non è un caso, era il suocero di Mankell). Perché la figura intabarrata avanza spingendo davanti a sé un girello ed
è la donna che Welin aveva amato e lasciato in asso trentasette anni prima. E pur se le scarpe sono una metafora amorosa e sessuale - e
si ritorna spesso nel libro sul tema dell’importanza delle calzature -, Scarpe
italiane non è un romanzo d’amore, piuttosto un romanzo sul rimpianto d’amore,
sull’incapacità di riconoscere il valore dei sentimenti nel momento in cui li
viviamo, sulla pietas che finisce per prendere il posto dell’amore. Ed è anche
un romanzo sulla capacità di affrontare le proprie colpe, pagando il prezzo che
c’è da pagare. Perché la donna che cammina sul ghiaccio del passato è
gravemente ammalata ed è venuta a cercare l’innamorato di un tempo per esigere
da lui l’adempimento di una promessa: che la porti a vedere il lago di cui le aveva
parlato, dove suo padre aveva portato lui, bambino di dieci anni.
Inizia
quindi il viaggio di questi due personaggi, verso dove? Il lago incantato?
L’attimo magico dell’amore della giovinezza? O la morte?
Perché la
morte sembra essere sempre in agguato in queste pagine; come se l’alce morto, o
il cane, o il gabbiano, o la vecchia signora alla cui casa arrivano guidati da
un cane fedele, o la ragazza che gira con una spada da samurai, non fossero
altro che un’anticipazione della morte di Harriet, tenuta a bada da medicine e
alcool, mentre Welin si prende cura di lei con tiepido affetto che non è certo
amore. Il viaggio
dei giovani è sempre un viaggio di scoperta, o di formazione; un viaggio di due
persone anziane è un viaggio di resa dei conti, anche se c’è una scoperta che
Welin farà. E chissà se la sua vita sarebbe stata diversa, se avesse
saputo prima. E comunque la
consapevolezza improvvisa di aver causato tanto dolore lo porta inevitabilmente
anche a riaprire la pagina della sua sconfitta come medico. Alla fine del libro, dopo che così tanto è successo in così
poco tempo, Fredrik Welin è un uomo diverso, non sente più la necessità di
immergersi nel buco nel ghiaccio e la solitudine gli pesa - c’è sempre ammenda
possibile per chi ha il coraggio di riconoscere gli errori.
Forse c’è troppo, nel romanzo di Mankell. Forse alcune delle
vicende, quella delle ragazze problematiche ad esempio, sono in eccesso, e
tuttavia Scarpe italiane è un libro molto bello, che ha la tristezza di un
tramonto su una distesa ghiacciata, la malinconia della vita che sta per
terminare.
Ed è meglio
tenersi pronti per la fine.
*****
Scarpe italiane, titolo originale: “Italienska skor” Leopard
förlag 2006. Pubblicato in italiano da
Marsilio Editori S.p.A. 2008.
Henning Mankell, scrittore e drammaturgo nato a Stoccolm 1948. Vive da tanti anni tra il sud della Svezia e Maputo in Mozambico, dove dirige il teatro “Avenida”. Meglio conosciuto in Italia per i suoi romanzi polizieschi del commissario Kurt Wallander.
Henning Mankell, scrittore e drammaturgo nato a Stoccolm 1948. Vive da tanti anni tra il sud della Svezia e Maputo in Mozambico, dove dirige il teatro “Avenida”. Meglio conosciuto in Italia per i suoi romanzi polizieschi del commissario Kurt Wallander.